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Pubblicazioni

Alcuni lavori


CHRONOS

  • CHRONOS

    Il tempo nell’arte dall’epoca barocca all’età contemporanea
    Filatoio di Caraglio
    (18 maggio-2 ottobre 2005)

La quarta dimensione dell’arte

L’arte, quale forma di rappresentazione, deve confrontarsi con le coordinate del reale e, come la realtà stessa, anche gli stili e gli artisti presentano una diversa predilezione per una o alcune di tali coordinate. Così le epoche storiche. L’arte primitiva rivela, ad esempio, una dominante orizzontale, quella egizia introdusse la verticalizzazione, con la grecità classica abbiamo un equilibrio tra la due componenti e l’affacciarsi della profondità. L’arte paleocristiana promosse invece la dimensione verticale, poi affermatasi nel medioevo dove acquistò un predominio assoluto, ed il rinascimento finì, dopo il tentativo di giungere ad una ponderata sintesi, con l’essere caratterizzato dalla profondità.
La realtà è però costituita da un’ulteriore, fondamentale coordinata, imprescindibile quanto impalpabile, il tempo. Come si riflette questa quarta dimensione nell’arte, come si manifesta? Soprattutto, qual è, se vi è, al di là delle epoche e delle mode, il modo peculiare dell’arte di accostarsi ad essa e rappresentarla?

Il tempo è mutamento, divenire, ogni cosa è sua preda e incessantemente si trasforma. E’ il destino di ogni oggetto, ogni essere, della stessa parola. Come lo si può dunque spiegare, cogliere con chiarezza se si è sempre avvolti dalle sue spire, immersi nella sua corrente?
Secondo l’ipotesi di alcuni fisici moderni, il frammento più piccolo da cui è costituita questa misura sfuggente, impalpabile, ha un nome antico, «cronone».
Il nome ha echi mitologici e ben si adatta ad indicare la porzione infinitesimale di qualcosa che, apparentemente, non c’è. Potremmo immaginarlo come una piccolissima goccia, un granello, perché il tempo nella nostra fantasia «scorre», «fluisce» è, talvolta, «agli sgoccioli» in virtù della lunga consuetudine con un suo antico strumento di misurazione, la clessidra.
Prima ancora che di sabbia, i suoi vasi erano ripieni d’acqua, e «ladro d’acqua» è il significato greco del suo nome. Tali si deve perciò diventare per tentare di dargli un volto, degli abili ladri.
Come nella favola di Amore e Psiche, occorre avvicinarsi a questo misterioso compagno furtivi, al lume incerto di una candela, per poterne intravedere, un solo attimo, il volto. Lui subito si dileguerà ma, forse, il suo segreto è proprio in quella fugace apparizione, nell’attimo.
(Testi da catalogo e video – Mostra a cura di Andrea Busto, Alberto Cottino, Francesco Poli; Video Andrea Busto, Ugo Giletta)

Gallizio

  • Gallizio

    PINOT GALLIZIO E Il SUO TEMPO
    1953-1964
    Palazzo mostre e congressi – Alba
    (21 gennaio-1 maggio 2007)

L’alchimista
Il cuore (anti)co del moderno

Cosa farebbe un uomo del sedicesimo secolo cui capitasse in sorte di rinascere ad inizio Novecento, vivere a cavallo tra due conflitti mondiali, assistere al tramonto della civiltà contadina e al sorgere della cultura di massa, al boom economico e all’affermarsi della società industriale?
Sarebbe speziale e archeologo, chimico e artigiano, zingaro e contadino, artista affascinato dalle argille di fiume e dalla fisica quantistica, dal tempo futuro e da quel che, dall’origine del tempo, è rimasto intatto nel gesto creativo e nel cuore della materia, attratto e intimorito dalle macchine e dalla serialità industriale. Sognerebbe perciò, forse, di soffiare nell’argilla «per creare l’uomo nuovo», un uomo adatto al riposo del settimo giorno».
(Catalogo e mostra a cura di Andrea Busto)

Il Regno di Flora

  • Il regno di Flora

    FLOWER POWER
    a Cura di Andrea Busto
    Villa Giulia – Verbania
    (24 maggio - 11 ottobre 2009)

Il regno di Flora

Per sei giorni, dal 28 aprile al 3 maggio, a Roma, il Circo Massimo si popolava di persone variopinte, vestite con colori sgargianti a imitazione dei fiori. “Di vin tinte le tempie si cingono di serti intrecciati, e la splendida mensa è tutta sparsa di rose”, racconta Ovidio. Rappresentazioni teatrali, giochi circensi, bizzarrie e lazzi si susseguivano senza posa. Protagoniste di quel carnevale orgiastico erano le cortigiane. Si narra che una volta, essendo presente Catone il Censore, gli spettatori non osassero chiedere loro di denudarsi com’era abitudine, perciò gli venne consigliato di allontanarsi affinché la festa potesse svolgersi regolarmente.
Questo intervallo istituzionale dalle regole quotidiane si teneva in onore di Flora, la “Mater florum”, e da essa prendeva nome: Floralia. Ancora Ovidio di lei dice: “Vuol che godiamo il fior degli anni finché siam freschi, e che sprezziamo le spine”.
Flora era la personificazione della potenza vegetativa che presiede a tutto ciò che fiorisce. Fu proprio Ovidio, nei Fasti, a definirne la figura, ispirandosi al mito ellenico della ninfa Cloride. Cloride/Flora, mentre vagava un giorno per i campi, suscitò l’amore del dio del vento Zefiro, che la rapì. Divenuta sua sposa, ebbe in dote di regnare su tutti i fiori e donare agli uomini il miele e le semenze. Fin qui il racconto ricalca quello greco, ma lo scrittore augusteo dell’Ars amatoria e delle Metamorfosi aggiunse un episodio importante. A suo dire, anche Giunone, gelosa della singolare nascita di Minerva “partorita” dal capo di Giove, volle concepire un bambino da sola. Si rivolse perciò a Flora, che le diede un fiore il cui semplice tocco rendeva feconda una donna. Nacque così Ares, Marte, cui è dedicato il primo mese di primavera.
Fra i tanti, Flora compare in due celebri dipinti, La Primavera di Botticelli, che la colse proprio nel momento della trasformazione dall’antica ninfa alla giovane dea, e Il regno di Flora di Poussin, dove appare circondata da eroi e semidei che, alla morte, sono trasformati in fiore: Aiace, Giacinto, Clizia, Narciso, Adone.
Aiace e Giacinto, il più forte guerriero greco dopo Achille e lo splendido giovane amante di Apollo, si dividono i natali del medesimo fiore. Dal sangue di entrambi - il primo gettatosi sulla propria spada, l’altro ucciso per sbaglio durante una gara di lancio del disco - scaturisce il tenero giacinto, che per questa sua origine assume un significato funerario.
Ovidio, gran cuciniere di miti, collega i due episodi. Dopo aver pianto il proprio compagno, il dio vergò sui petali del fiore le lettere “AI”, a memoria del suo dolore, e profetò: “Verrà un giorno che un fortissimo eroe si convertirà in questo stesso fiore e sui petali si potrà leggere anche il suo nome”, il povero Aiace appunto, colto da rabbia e follia per non aver ottenuto l’onore di indossare l’armatura del defunto Achille e suicida per la vergogna.
Fin dai tempi più remoti, miti e leggende - ingredienti di simboli, allegorie, emblemi - sono bell’e pronti e molti cuochi hanno attinto alla loro dispensa…

Il Velo

  • Il Velo

    IL VELO
    Tra mistero, seduzione, misticismo, sensualità,
    potere e religione
    Filatoio di Caraglio
    (28 ottobre 2007-24 febbraio 2008)

L’incorporea materialità del simbolo

Il senso appare sul confine, sul confine si rivela e viene colto. Un confine partecipa due realtà, le separa e congiunge, è permeabile allo sguardo e al sentire. Uno specchio, una tela, la pagina di un testo sono varchi, accessi, superfici sulle quali passano «i misteriosi fantasmi della realtà». Svelano un significato ma, lasciandolo solo balenare, intuire, continuano a proteggerlo.
Il velo è uno dei simboli che ricorrono con maggior frequenza nella storia della cultura. Attraverso la sua incorporea materialità si manifesta il mistero, l’altrove, sembra prendere forma ogni ulteriorità: spirituale e carnale. Un’epifania seducente e inquietante, iniziazione a ciò che è al di qua e oltre la vita. Il velo è confine.
Attributo per eccellenza del femminile, nel costume come nell’iconografia, accompagna una figura che, dai riti iniziatici al grafismo moderno, è essa stessa «terra di confine».

(Mostra e catalogo a cura di Andrea Busto)
Per il tema generale dei rapporti tra rappresentazione e realtà rimandiamo a Ernst Gombrich e al suo ciclo di conferenze «Il mondo visibile e il linguaggio dell’arte», tenuto presso la National Gallery di Washington nella primavera del 1956, i cui materiali sono poi confluiti nel volume Arte e illusione, trad. it. Einaudi, Torino, 1965.
Per l’area della cultura francese e francofona e le linee introduttive si veda AA.VV. Il velo dissolto, Clueb, Bologna, 2001 a cura di Franca Zanelli Quarantini.

Citazione di

Vincent van Gogh.

“La vita ci trascina così rapida che non ci resta il tempo di discutere e contemporaneamente di agire”

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