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La cucina delle fiabe

"Unde fames homini vetitorum tanta ciborum? (Ovidio, Metamorph., lib XV, v. 138) La domanda di Ovidio coglie con esattezza il ruolo ricoperto dal cibo nella letteratura popolare. «Donde nell'uomo tanta fame di cibi proibiti?» non ci si può fare a meno di chiedere dopo aver esaminato la ricorrenza simbolica degli alimenti nei racconti mitologici e nei testi religiosi, nelle fiabe e nelle leggende, nei deliri inquisitori della caccia alle streghe come nei sogni di un'umanità spesso afflitta dagli stenti e dalla carestia. Sospeso tra il vagheggiamento di un'Età dell'oro e dell'abbondanza e l'impellenza delle esigenze quotidiane il cibo è la chiave di volta di infiniti racconti e leggende, dall'Eden alle pozioni negromantiche, dalla fame contadina alla ghiottoneria borghese. Soprattutto è, come invita a considerare Jacques Le Goff, «uno dei più importanti protagonisti della Storia» e da questa, con la esse maiuscola, discende e si disperde in innumerevoli rivoli di storie che intrecciano motivi tradizionali e impulsi moderni, sacro e profano, burla e tragedia.
Il gusto del proibito e la trasgressione, il desiderio di ciò che è irraggiungibile, la definizione di un limite e l'impulso ad oltrepassarlo sono la molla dialettica della storia umana, a partire da quel primo fatale impulso che colse la nostra progenitrice - come scrive Voltaire - tutte le sciagure umane e le iniquità e i precipizi non discendono forse da un atto di «ghiottoneria di seimila anni fa»?

Il racconto biblico della cacciata dal Paradiso, il mito di Atalanta e la favola di Biancaneve hanno al centro della loro narrazione l'irresistibile seduzione di un frutto. Il paiolo delle streghe, il forno alchemico e le più grandi ed attrezzate cucine - moderni antri di Vulcano muniti di fuochi, bizzarri strumenti e dense di vapori - sono luoghi inferi di trasformazione nei quali avviene una nuova creazione della materia. Tavoli e stoviglie magiche che si imbandiscono e colmano da soli sono porzioni di una vagheggiata terra dell'abbondanza, il Paese di Cuccagna, sognata da ogni popolo. Dalle pozioni magiche delle fiabe ai filtri d'amore e agli intingoli di Dona Flor la letteratura è attraversata da formule culinarie in grado di mutare la realtà delle cose.
Nel racconto popolare vivono, muoiono e rinascono inesauribili temi narrativi che affondano le proprie radici nella notte dei tempi. Ogni fiaba ci viene incontro con la frase rituale «C'era una volta...», una volta quando? sempre, e sempre sarà perché l'età della favola è un orizzonte interiore al quale è impossibile sottrarsi."
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