Contributi

"Anche scrivere 'a tema' è una sfida. Tra le altre, quella compiuta con “Smens”, rivista d’arte tirata in copie numerate, stampata con torchi a mano secondo l’antica arte tipografica."

Smens 1 - Giocare alla guerra

Giocare alla guerra

Nell’Edda di Snorri, il poema epico nordico, si chiede: «Chi sono le donne che combattono disarmate intorno al loro re? I neri proteggono, i bianchi aggrediscono, giorno per giorno»…. Un tempo lontano, in India, il re Hasharan chiese ad un saggio di ideare un gioco che raffigurasse la dipendenza dell’uomo dal fato… Tempo dopo, sotto il regno di re Balhait, un bramino protestò affermando che un tale gioco era contrario agli insegnamenti della religione. Ottenne così l’incarico di inventare un nuovo gioco che dimostrasse il valore delle qualità con cui l’uomo pio governa la propria vita e fronteggia i rovesci del destino…

Smens 2 - Un Matricidio

Un matricidio

Parmenide di Elea nacque, presumibilmente, intorno al primo decennio del V secolo avanti Cristo, Platone il 428 della stessa era. In questo lasso di tempo, nel nostro passato, ha avuto luogo un matricidio, è avvenuto qualcosa i cui esiti sperimentiamo quotidianamente nel corso della nostra esistenza. Ma procediamo per gradi. Chi sono gli attori, i protagonisti di questa tragedia, di questa efferatezza, di un gesto che, come un sacrificio rituale, ha dischiuso le porte ad un mondo quale noi oggi, solo tra i molto possibili, conosciamo? Parmenide innanzitutto. Era cittadino di Elea, colonia posta sulla costa campana a sud di Paestum. Platone ce lo descrive come «venerando ed insieme terribile», il che ben si addice a quello che pare essere il suo ruolo…

Smens 5 - Una Festa Proibita

Una festa proibita

Nella festa sacro e profano si incontrano in un’ebbrezza comune, il viso rubizzo del contadino e lo sguardo austero dell’officiante sanciscono una tregua. Ma la festa non è solo un tempo sospeso, magico, è anche, ormai, un tempo lontano, remoto. Perdita di senso, coazione a ripetere, costruzione artefatta di un evento a beneficio del fruitore esterno - sia esso turista o antropologo - hanno reso la festa simulacro di una sacralità antica e perduta nella sua essenza.
Data la mancanza di nuove epifanie collettive, il compito di far sopravvivere contenuti mitici in un epoca di desacralizzazione, di offrire loro uno scenario, uno spazio evocativo, viene assunto dal romanzo.

Smens 7 - Fantasmi

Fantasmi

Una sonnolenta sera d'ottobre di vent'anni fa arrivò a casa mia un compagno di studi tutto trafelato. La sua eccitazione era incontenibile. Era riuscito ad ottenere un appuntamento, non si trattava di ragazze bensì della visita ad un luogo ameno ed affascinante, difficilmente accessibile, soprattutto per dei giovani troppo entusiasti. Mi cambiai in tutta fretta e lo seguii. Dovevamo raggiungere un vecchio castello, o casamatta, luogo risaputo di alcune apparizioni, situato appena fuori città. Il padre d'un altro compagno, un docente universitario, aveva, dopo lunghe insistenze, acconsentito alle richieste del figlio e organizzato l'incontro, ci attendevano a Stupinigi, di fronte alla Palazzina di Caccia.
Già lungo i viali cittadini un alone ovattato circondava i lampioni annunciando la nebbia. Sedevo pensoso al posto del passeggero rinserrato nel bavero alzato del giubbotto troppo leggero che avevo indossato. Pensavo a certe letture compiute fin dalla prima giovinezza, a quanto mi avessero influenzato, al brivido sottile di vivere l'atmosfera di un racconto gotico e alla necessità di acquisire un certo distacco per valutare con obiettività ciò che avrei potuto vedere. Il rumore dei pneumatici sul selciato interruppe quei pensieri. L'altra auto ci aspettava nel luogo convenuto, accendendo con scie di luce le vetrate della Palazzina lasciammo lo spiazzo…

Smens 11 - Unruhe

Unruhe

«Nessun maggior segno d'essere poco filosofo e poco savio, che volere savia e filosofica tutta la vita». Questa massima leopardiana è l'epigrafe ideale all'opera d'un filosofo italiano spesso dimenticato, che periodicamente riemerge, per brevi istanti, alla coscienza intellettuale del nostro paese. Giuseppe Rensi affiora, talvolta, con andamento carsico come il suo filosofare. Un ricercare tormentato, costellato di illuminazioni e audacie nel fluire di un impegno accademico oscuro ma mai appiattito sul grigiore del filosofare da università, della cui routine baronale si può ben dire, come amava ripetere, che «non ha mai turbato nessuno».